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Fra Giuseppe Murdaca - L’acquerellista del Creato

La pittura orante del frate francescano della parrocchia Sant’Antonio di Rende è una nuova via verso l’evangelizzazione.

Diceva San Bernardo da Chiaravalle: “Troverai di più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le pietre ti insegneranno ciò che non si può imparare da maestri”. Parole che hanno risuonato in me intensamente, riflettendo sulla poetica artistica di frate Giuseppe Gabriele Murdaca, OFM. Un incontro, il nostro, fecondo e di profonda condivisione riguardo alla missione spirituale ed evangelizzatrice dei suoi dipinti di cui subito ho intuito, da storico dell’arte, non solo il valore tecnico, ma anche quello comunicativo. Per secoli, infatti, l’arte è stata una Biblia Pauperum ricca e di grande efficacia nel raccontare le verità di fede e guidare il cristiano nel suo percorso religioso. Fra Peppe, come viene affettuosamente appellato, è un acquerellista che affronta, nei suoi dipinti, il tema del creato. Nato a Locri, esercita il suo ministero presso la Parrocchia di Sant’Antonio da Padova a Commenda di Rende. Inizia a dipingere nel 2002 come autodidatta e per puro diletto personale, per poi esser guidato dal pittore acrese Filippo Gallipoli, che ne perfeziona la tecnica artistica. La missione ricoperta dalla sua pittura è subito intuita da Mons. Rino Fisichella, che lo incita a valorizzarne l’aspetto evangelizzatore. Esortazione che questi ha rinnovato di recente, incontrandolo durante un’udienza con Papa Francesco, dedicata ai Missionari della Misericordia, di cui fra Peppe è stato chiamato a far parte dallo stesso pontefice. Gli acquerelli che nascono sponta nei e delicati dal suo pennello sono un vero e proprio inno alla natura come riflesso di Dio. Del resto, fra Peppe è un francescano e, sulle orme del santo d’Assisi, osserva e ama il riflesso divino che ci circonda: fiori, paesaggi, animali, scorci di architetture e acque chete e tempestose sono i temi che predilige. Non raffigura l’uomo, poiché è questi a riflettere sul creato. La sua presenza, però, è latente: la si avverte in quegli scorci che sanno di vita che pullula e che sboccia nella sua bellezza immediata. Nel catalogo edito per la mostra, “Acqua e colore”, da me curata nel marzo 2018, ho tracciato un’attenta analisi della poetica artistica del frate, coniando il termine di “pittura orante”.

Sì, una pittura che fa pregare, ma non nel senso classico del termine, bensì in una modalità che permette di accrescere la propria spiritualità, partendo dalla sensazione che si prova di fronte all’opera. Perché in essa sono presenti, certo, il frate e tutto ciò che concerne la sua missione, ma anche l’uomo stesso, i suoi ricordi e le sue sensazioni. Dunque, tutto ciò rende assolutamente universale l’approccio alle opere. Tutti possono ammirarle ed
emozionarsi di fronte a esse, attraverso un’esperienza laica e religiosa insieme. Amo spesso evidenziare un parallelismo tra la pittura di fra Peppe e le parole di Sant’Agostino: “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas.” Ecco, allora, la funzione della “pittura orante”: aprire il cuore dell’uomo alla conoscenza di quel Logos che, spesso, nella moderna società, sfugge alle nostre anime disattente. Fra Peppe ci fa immergere in tutto ciò attraverso i delicati tocchi di colore, di immagini fatte d’acqua: semplici, pure e genuine. Un fanciullino pascoliano si affaccia nel cuore del pittore che spesso osserva volutamente con occhi infantili il mondo, consentendogli di coglierne aspetti davvero unici e sorprendenti. Meditare di fronte a un suo acquerello è come leggere le scritture e trovarne collegamenti evidenti, spesso nati in maniera assolutamente non costruita. Questo aspetto è uno di quelli che più colpisce, perché ci riconduce a quella spontaneità di un mondo che sta scomparendo e che necessita, invece, di essere recuperata. “Per convertire qualcuno, vai, prendi loro per mano e guidali” diceva il grande San Tommaso D’Aquino. Questo è quello che fra Peppe mette in pratica ogni volta che intinge il pennello nell’acqua e nel colore: quell’acqua, simbolo di rinascita e vita, così come vuole la tradizione iconografica cristiana e quel colore, di cui tanto scrive il pittore russo Kandinskij, nel suo “Lo spirituale nell’arte”. Quel colore che smuove l’anima e dona forma al sentimento e alla spiritualità dell’uomo.

Raffaella Buccieri - critico e storico dell’arte